I giganti della montagna

I giganti della montagna

di LUIGI PIRANDELLO
Performance urbana

I giganti della montagna

4 Giugno 2025

Drammaturgia e regia

CLAUDIO DI SCANNO

 

Coordinamento scientifico progetto

ANTONELLA DI NALLO

 

in scena

 

SUSANNA COSTAGLIONE – GIOVANNI SCARSI – DIEGO CIASCHETTI  MARTINA MASTROGIUSEPPE – ALDO CANDIANI – PIERLUIGI LORUSSO CLAUDIA IMPALLOMENI – MARIA BARBAGRIGIA – IAMIRA SIMONE  LORENZO MAIERON – LUDOVICO PALUSCI

 

Un progetto del DIPARTIMENTO di

 LETTERE, ARTI E SCIENZE SOCIALI

(Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara)


Sezione teatrale del Progetto PNRR (Area del cratere)

LE TERRE DEL GUERRIERO

PARCO TURISTICO-CULTURALE DIFFUSO E DIGITALE DI CAPESTRANO

TURISMO, CULTURA, ARTE, PAESAGGIO

La storia

Una compagnia di attori, guidata dalla contessa Ilse, ha deciso di recitare un’unica grande opera, La favola del figlio cambiato, e, non trovando accoglienza favorevole presso i comuni teatri, si reca alla villa degli Scalognati; si tratta di una strana villa animata da singolari prodigi, il cui regista è una specie di mago, Cotrone. Tutto può realizzarsi in questa particolare dimora; basta solo avere l’energia di una innocente convinzione: «Siamo qua come agli orli della vita, Contessa. Gli orli, a un comando, distaccano, entra l’invisibile: vaporano i fantasmi. E cosa naturale. Avviene ciò che di solito nel sogno. Io lo faccio avvenire anche nella veglia. Ecco tutto. I sogni, la musica, la preghiera, l’amore… Tutto l’infinito che è negli uomini, lei lo troverà dentro e intorno a questa villa».

Con queste parole Cotrone invita Ilse a rimanere lì, a recitare per gli ospiti di quell’incantata dimora. Ilse, però, non accetta; vuole, infatti, che l’opera incida, magari anche con conflittualità, su chi ascolta. Cotrone propone allora ad Ilse di portare la sua Favola tra i Giganti della montagna, potenti signori continuamente occupati in grandiose opere: costoro potrebbero inserire la rappresentazione nei festeggiamenti per un importante matrimonio. Ma i Giganti, che hanno completamente abdicato alle ragioni dell’interiorità e dello spirito per correlare la loro esistenza solo a una dimensione materiale, non accettano la proposta, non hanno tempo per l’arte. Quello che possono fare è predisporre che la rappresentazione si allestisca per il popolo. Ilse, pur consapevole del pericolo di portare un’opera così ricca di sensibilità verso chi è avvolto dalla volgarità, accetta. Il popolo, non certo abituato a questo tipo di spettacolo, apostrofa rozzamente Ilse e gli attori e alla fine li uccide; e nell’epilogo, attraverso l’uccisione di Ilse, si consuma la tragedia della morte dell’arte nella società moderna.

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